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Fratello Guido Brogelli: l’uomo dalle mille identità

Brogelli, Guido (alias: Magrini, Pietro; Masana, Guiermo); nato il  24 agosto 1893 nella parrocchia di San Leonardo in Arcetri a Firenze.

 Guido Brogelli è una delle figure più singolari e curiose della Firenze del 900. Archeologo, giornalista, pittore, pilota d’aerei, politico,massone, soldato… sono alcuni delle attività e lavori che svolse nella sua vita. Sposato in giovane età, dopo la nascita delle sue 2 figlie, Guido, partì come soldato per la I° Guerra Mondiale dalla quale tornerà dopo l’armistizio. Affascinato dall’ideali politici Repubblicani-Mazziniani, era abituale frequentatore “dell’Associazione Mazziniana” e la “Fratellanza Artigiana d’Italia” di via dei Pandolfini (dove è tutt’ora). Proprio dalle frequentazioni di questi gruppi, Guido, entrerà a far parte della Massoneria Fiorentina, nella storica loggia “La Concordia”. Partecipò attivamente contro l’insorgente squadrismo Fascista e proprio per questo, dopo le elezioni del 1923, per paura di persecuzioni contro di lui decise di emigrare in Venezuela. Non sappiamo con precisione quale attività svolse ma già dalle prime foto che inviava alla famiglia il suo tenore di vita non sembrava quello di un emigrato. Sembra che già in Venezuela lavorasse nel campo dell’aviazione anche come pilota di aeroplani. Nel 1926, come ci ricorda William Gannon in un testo del 1962, Guido, durante i suoi voli ebbe una singolare avventura con l’allora presidente Gen. Juan Vicente Gomez, che durante una parata lo fece desistere dal volare per la propria sicurezza personale. Fu appunto nel 1926 che strinse la sua amicizia con Gannon, appassionato di archeologia e ufficiale della marina Britannica in congedo. Gannon fu il compagno delle avventure esplorative di Guido. Partirono, prima, alla volta dello Yucatan dove giunsero all’antica città di Tenochtitlan (capitale Azteca) e qualche tempo dopo ebbero la fortuna di scoprire il tempio di Xiutecuthli (Dio del fuoco). Poi passarono al Guatemala, attraversando, con mille peripezie, l’Honduras in piena rivoluzione. Nel Guatemala lavorarono nel campo dell’archeologia in molte zone, ma a Chichicastenago, fecero la loro più grande scoperta: un’intera città Maya semisepolta.

Anche in Sud America, nonostante gli impegni come archeologo, Guido non venne meno alla sua passione politica, ebbe parti di rilievo nei primi nuclei del movimento “Giustizia e Libertà”. Sempre in Messico venne a contatto con pittori del calibro di Diego Rivera del quale fu discepolo.
Finita la sua esperienza Sud Americana si trasferì in California prima a San Francisco e poi a Los Angeles. Lavorò come giornalista pubblicista con un giornale italiano in California, “L’Italo Americano” diretto da Cleto Baroni (anch’egli fiorentino, editore negli Stati Uniti). Da non dimenticare il suo interesse politico anche in America, dove fu tra i fondatori dell’“Alleanza antifascista del Nord America”. Verso la metà degli anni 30 si sposò con Yolanda Modotti, sorella della famosa fotografa e rivoluzionaria Tina Modotti, sotto falso nome: Peter Michaelangelo Magrini. Nel 1935 venne in effetti rilasciato a Guido un passaporto con tale nome. Dal censimento del 1930 il nostro Guido/Peter risulterebbe a Philadelphia sposato con una ulteriore donna, certa Hilda e con una figlia di 4 anni di nome Doloris.  Si trasferì a New York non facendo mai sapere alla moglie o mogli, in Italia e di essersi risposato. Il nuovo matrimonio non durò tanto tempo e nel 1937 si arruolò come volontario con la brigata “Abraham Lincoln” nella guerra di Spagna dove, in due anni, raggiunse il grado di Commissario Politico del Parco Auto.

Qui in Spagna usò come pseudonimo il nome di Guillermo Masana come testimonia una firma su un suo ritratto a matita del noto pittore Molina del 1938 e da un dossier del Partito Comunista Italiano conservato presso l’archivio delle Brigate Internazionali a Mosca. Ferito durante un bombardamento a Gandesa, passò in Francia dove fu internato nel campo di concentramento di Saint Cyprien. Liberato nel 1939 fece rientro a New York. Rientrato poi in California proseguì nella lotta antifascista dando vita all’associazione democratica “Italia Libera”, che aveva lo scopo di aiutare a preparare la lotta per la liberazione dell’Italia dal tedesco invasore. Nei primi anni 40 entrò a lavorare presso il “Central Metal INC” di Los Angeles. Nel 48 farà rientro a New York, più precisamente nella 21st avenue a Brooklyn, dove inizia a lavorare come direttore presso un rivenditore all’ingrosso di elettrodomestici, ma nell’inverno del 1951, inaspettatamente, venne arrestato dall’FBI. Era nato da poco il suo secondo figlio, John, ma nel pieno periodo del “Maccarthysmo” si ritrovò imprigionato nel carcere di West Street a Brooklyn, l’accusa era: “idee politiche e cospirazione contro il governo”. In alcuni suoi articoli a partire dal 30 Giugno del 1953, pubblicati sul “ Il Nuovo Corriere” di Firenze, Guido racconta la sua esperienza di carcere e della sua amicizia nata con Julius Rosemberg che fu poi condannato a morte assieme alla moglie perché sospettati di essere spie russe. Ecco alcune righe dal “Nuovo Corriere” del 53 dopo che Guido aveva stretto amicizia con Eugenio Dennis, segretario del Partito Comunista in America, anch’egli incarcerato: “…Ci avviammo verso la mensa e mentre camminavamo per un lungo corridoio, Dennis, salutò con la mano un altro carcerato. Mi sembrò di aver veduto la faccia di quell’uomo sui giornali e chiesi a Dennis chi fosse; “ è Rosenberg” mi rispose, con quel tono amichevole e vispo che hanno gli Irlandesi…” . Brogelli, non solo vide Rosenberg, ma condivise con lui la propria cella ed una forte confidenza“…Spesso, mentre io e lui giocavamo a scacchi, rimaneva incantato, con lo sguardo fisso sulla scacchiera, sul pezzo che avrebbe dovuto muovere. E con una mano alla tempia. Poi si toglieva gli occhiali, mi guardava fisso negli occhi e mi diceva: «Scusa Guido, ero con mia moglie e con i miei piccoli. Mi parlavano, ma non udivano la mia risposta. Scusa di nuovo e fumiamo una sigaretta. Ho bisogno di fare due passi. Poi riprenderemo gli scacchi. Tu sai che io voglio vincere questa partita». Ci mettevamo a camminare e lo facevo volentieri perché avevo anch’io voglia di muovermi e stendere i nervi….” Rose, cosi chiamato dai compagni di cella e Guido, era un uomo che non abbassava mai lo sguardo, di qualsiasi cosa parlasse, in carcere, spiega Brogelli, portava sempre in capo uno di quegli zucchetti che tengono gli ebrei che praticano la loro religione.

“….Io scherzavo sempre su quello zucchetto. Un giorno gli dissi: «Rose, lo porti anche a letto codesto copricapo? Così il tuo cervello si mantiene caldo!». Le sue risposte erano sempre spiritose e quella volta mi disse: «Senti Guido, il mio cervello deve abituarsi al caldo perché forse un giorno i miei carnefici, che mi ospitano con tanto riguardo, lo bruceranno. Ma un cervello che stando su questa terra non ha mai mentito, né tremato, né danneggiato alcuno, giunto a nuova destinazione sarà subito rinfrescato da chi è il supremo giudice di tutte le cose»…..”

Guido Brogelli fu processato e condannato a Los Angeles nel 1951 per “soggiorno illegale” negli Stati Uniti dopo il 1939 a tre
anni e 1000 dollari di multa con sospensione della sentenza se avesse lasciato il territorio statunitense entro un periodo di novanta giorni.
Guido rientra così a Firenze dove, inizialmente, venne ospitato dalla sorella Giustina nella sua casa in Via Stibbert. Il suo interesse verso la politica, però, era sempre acceso, impegnandosi con entusiasmo, per il trionfo della democrazia. Nel 1953 aderì al partito “Alleanza Democratica Nazionale” candidandosi alla camera dei deputati per la circoscrizione di Firenze e fu eletto.
Sempre nel 53 collaborò con il “Nuovo Corriere” e poi con “Il Paese”. In seguito si dedicò alla pittura realizzando oltre 50 opere, nelle quali spesso, ritraeva momenti della sua vita nelle Americhe. Nel 63 partecipò ad una mostra collettiva presso i “Capitani di Parte Guelfa” e nel 64 la sua attività proseguiva nella “Galleria e centro di cultura Andrea del Castagno” divenuto ormai il suo studio. Venne iniziato alla R.L. Concordia 110 di Firenze e frequentò i lavori. Il 9 Dicembre del 1964, mentre rientrava in casa, giunto al piano del suo appartamento, con affanno, senza respiro, nell’atto di aprire la finestra per prendere aria cadde sul pavimento senza vita mentre il suo cappello a tese larghe volò via, trasportato dal vento, giù dalla finestra. Celebrato in casa il funerale con il rito Massonico,  dopo l’elogio funebre del generale Acrisio Bianchini, Grande oratore del Grande Oriente d’Italia, la sua bara fu tumulata nel cimitero di Trespiano.

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Fratello Acrisio Bianchini. Un generale ai vertici del G.O.I.

Acrisio Bianchini nasce a Castiglion del Lago, in provincia di Perugia, tranquillo paese che si affaccia sul lago Trasimeno, l’8 agosto del 1891.

Studia e si laurea in Medicina all’Università di Firenze, in tempo affinché fosse mobilitato nella prima guerra mondiale con il grado di sottotenente. Rimase ferito alle pendici del Col Quaterna e rimessosi lo ritroviamo nel 1917 sul Carso e combatté alla difesa del monte Faiti a Gorizia dove si guadagnò la medaglia d’argento al valor militare sul campo che gli fu consegnata dal Duca d’Aosta che lo annoverò fra gli eroi del Faiti. Partecipò all’ultima carica con cui venne conclusa la campagna del Piave. E’ iniziato alla Loggia Concordia di Firenze con la matricola 837 il 16 marzo del 1915 (a 21 anni), ancora studente di medicina. Terminata la prima guerra mondiale, venne inviato in Libia a costituire un cordone sanitario di difesa contro la peste bubbonica, riuscendo ad impedire che l’epidemia si diffondesse dall’Egitto sino alla Libia. Si specializzò in tisiologia e perfezionamento in igiene e conquistò i gradi di aiutante maggiore e poi insegnante d’igiene presso la Scuola di Sanità Militare di Firenze e successivamente viene nominato direttore del sanatorio militare di Villa Ognissanti di Careggi a Firenze, consulente tisiologo presso l’ospedale di Sangallo e direttore dei laboratori di ricerca.

Nel 1933 lo troviamo ad Anzio in qualità di direttore del sanatorio militare e successivamente all’ospedale di Verona e qui raggiunge il grado di tenente colonnello con il quale dirigerà l’ospedale coloniale di Mogadiscio. Venne fatto prigioniero dagli inglesi e fu trasferito ai campi di prigionia in Kenya: venne liberato nel 1943 a capo di una colonna di malati e convalescenti. Rientrato in Italia dopo la caduta del fascismo, fece parte delle formazioni partigiane della Toscana e il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale lo nominò direttore di sanità di tutte le unità militari della Toscana liberata, carica che gli venne confermata dal Ministero della Difesa. Successivamente riorganizzò i servizi sanitari militari delle province di Bolzano, Trento, Belluno e Verona. Promosso maggior generale per i meriti conseguiti, venne distaccato presso il Comando della NATO a Parigi. La sua lunga carriera militare si conclude con il grado di tenente generale. Nel 1966 il Presidente della Repubblica lo insignì con la medaglia d’oro della Sanità pubblica. Ha presieduto, portandola ad alti livelli, l’Università Popolare di Firenze ed è stato consigliere nazionale della Società Dante Alighieri, ma anche di altre associazioni di carattere culturale e benefico. Nella Libera Muratoria scalò i vertici fino a diventare dal 1961 al 1964 con il G. M. Giordano Gamberini Grande Oratore. Nel 1967, sempre con Gamberini divenne Gran Maestro aggiunto fono al 1970. Notevole il suo impegno per introdurre l’Ordine della Stella d’Oriente nel G.O.I. e con la fondazione di Capitoli in città. Fu amico di Guglielmo Marconi , di Vittorio Emanuele Orlando, ma anche dei vari Sindaci fiorentini che si sono succeduti, e fu impegnato nella vita culturale, politica ed artistica.

Ha presieduto la Federazione Nazionale delle Associazioni di Pubblica Assistenza e Soccorso per 14 anni,  dal 1958 al maggio del 1972, organismo che coordina centinaia di Associazioni di volontariato per l’ assistenza e il soccorso in Italia. Presiedette sino dal 1956 una di queste: la nostra Fratellanza Militare di Firenze, società di Pubblica Assistenza e mutuo soccorso, con sede nel chiostro della Sindicheria in Santa Maria Novella. Di entrambe le organizzazioni fu nominato anche presidente onorario. In particolare fondò, nel 1958, un bollettino dal titolo: “ Assistenza e Soccorso” un giornale della Fratellanza Militare di Firenze che a tutt’oggi dopo sessantacinque anni, esce regolarmente, vi scriveva sovente e pubblicò varie poesie, racconti ed eventi di storia locale; si adoperò in modo entusiastico affinché il soccorso in Italia progredisse e affinché le Pubbliche Assistenze, associazioni di cittadini, potessero svilupparsi in una forma diretta di impegno civile e culturale. Unitamente a Don Luigi Stefani, sacerdote dalmata,  integerrimo, profondo conoscitore, difensore e interprete in prima persona della fede cristiana; un Patriota che, da esule Zaratino in Patria, volle essere a fianco e alla testa - come Presidente dell'ANVGD ( Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia ) - del migliaio di connazionali giuliani e dalmati rifugiatisi a Firenze dagli innumerevoli impegni solidaristici in città. Il Bianchini e Don Stefani, nel 1970, si recavano nelle scuole fiorentine per parlare ai giovani e per metterli in guardia dalle droghe. Ad 83 anni scriveva poesie. Curioso sottolineare come nel 1919 scrisse una poesia intitolata: “ Alza le vele” che chiude con:” salpiamo insieme a ricercar l’eterno bene”; mentre una delle ultime: “ Commiato – Alle Stelle” scrive: “l’animo ribelle si placa nel mirar, il ciel stellato, e vorrebbe aver, soltanto amato”. Muore nel 1989, nella sua Firenze non prima di avere contribuito fattivamente alla realizzazione dell’attuale casa massonica fiorentina, le sue spoglie riposano nel mausoleo funebre, il Pantheon dei grandi dignitari della massoneria al cimitero del Verano a Roma (area Pincetto nuovo riquadro 52, n.1, fila 97).